Con Freud al fianco
Il libro “Al cinema con lo psicoanalista” di Vittorio Lingiardi (Editrice Cortina Raffaello) è decisamente interessante: in esso l'autore non si mette dietro al film per spiegarlo dal punto di vista psicoanalitico, ma vuole diventare uno spettatore e seguire quello che succede durante la visione di un film quando una storia raccontata diventa nostra e ci cambia. E' insomma una ricostruzione del -lavoro- di uno spettatore, un lavoro che è nello stesso tempo emotivo, percettivo, sensoriale, addirittura muscolare. Come diceva in una sua intervista Fellini, il cinema è uno specchio (in cui vediamo noi stessi), ma è anche un sogno perchè noi spettatori “stacchiamo la spina”, cioè ci estraniamo per un paio d'ore dal nostro mondo per vivere la vita di altri. Insomma quando siamo al cinema (oggi piuttosto sofferente per la pandemia) si spegne una luce per accendersene un'altra, quella di una vita di cui noi ci impossessiamo. La stessa cosa comunque vale per le visioni di casa, anche se il clima complessivo è decisamente diverso.
Nel caso di Lingiardi “Al cinema con lo psicoanalista” diventa -Al cinema con me stesso-, una riflessione sull'atto di vedere e assorbirsi completamente in un mondo diverso dal nostro. Le sue riflessioni spaziano in un percorso totalmente libero dai film vecchi ad altri recentissimi.
Dire all'uscita “che bel film” o, meglio ancora “Per fortuna era solo un film!” ha un valore catartico che purtroppo oggi ci manca: allora uscire da una sala pensando ad una San Francisco con l'atmosfera rossastra e la gente con la mascherina, ci faceva dire che la realtà è ben diversa da quella di Blade Runner, oggi purtroppo apri la porta non del cinema ma di casa e ti trovi le mascherine davanti, persino sul tuo volto.
Libro interessantissimo.
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