Rubén, la rivincita del ritardato e nero
La storia vera di Rubén Gallego inizia a Mosca, dove nasce da madre spagnola, figlia del Segretario del Partito Comunista Spagnolo in esilio in Russia, e da uno studente sudamericano.
Nasce insieme ad un gemello che muore immediatamente, mentre lui, cerebroleso con gli arti paralizzati, viene ricoverato in un orfanotrofio.
Il romanzo racconta, per episodi, la vita di Rubén, a contatto con altri ragazzi con problemi fisici e psichici, trattato come un ritardato mentale, destinato, come la maggior parte dei suoi compagni di vita, ad una morte certa una volta diventato "grande".
In questo breve romanzo non c'è spazio per la pietà. Rubén viene trattato per quello che sembra, all'esterno: un "negro", vista la fisionomia non propriamente nordica. Un ritardato, uno storpio, un rifiuto, un peso.
In realtà quello che oggi ci regala, attraverso questa sua biografia, ci dimostra che "dentro" altro non era che una persona, sufficientemente forte da non farsi sopraffare dalle circostanze della vita, dalle sue menomazioni, attento al contesto e abile comunicatore.
La visione di Rubén, costretto a strisciare sul pavimento per poter andare in bagno, immagine con la quale si apre il romanzo, è tanto crudele quanto "normale"; mano a mano che scorrono le pagine ahimè ci si abitua alla barbarie di cui sono vittima i figli imperfetti di quella società.
Un trattamento tanto inumano che persino il protagonista, ad un certo punto della sua vita, quasi invidia i suoi omonimo storpi nati durante il nazismo o negli Stati Uniti, uccisi alla nascita, sottratti in tal modo all'onere di dover vivere, giorno dopo giorno, in modo inumano.
Da un punto di vista stilistico si prosegue in modo slegato, a brevi capitoli, ma ciò che davvero importa è il contenuto, è la finestra che ci viene aperta su una realtà per lo più sconosciuta.
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