Opinione su Canto della pianura - Kent Haruf: IL SENSO DELLA VITA
IL SENSO DELLA VITA
10/06/2020
Vantaggi
“Mia madre diceva sempre che c’è una lezione in ogni cosa che fai, basta avere gli occhi per vederla …”
Svantaggi
personalmente non trovati
Una prosa …”attenta ed educata” racconta sottovoce storie solo di apparente banale quotidianità.
Momenti di vita narrati in modo dolce, accorto, semplice, è un romanzo che mi dà un messaggio preciso.
Le ambientazioni povere e così immediatamente familiari. Le sale da pranzo, le cucine, le stanze da letto, le aule dei professori, le stalle, il binario del treno…le immense pianure scosse dal vento e dalla pioggia e dalla polvere; basta così poco per descriverle. Essenzialità. Nessun aggettivo superfluo.. Eppure invece che freddezza, proseguo nella lettura e sento un legame fortissimo. Perché riesco perfettamente a vedere e a capire.
La solitudine dei luoghi descritti accompagna le vite complicate e tristi di pochi personaggi che conducono esistenze normali. Penso continuamente … ed ora che accadrà? E’ una condivisione più che una semplice lettura.
Racconto forte, fortissimo, che mi colpisce direttamente al cuore.
E’ difficile schierarsi. A tutti vorrei allungare la mano, vorrei dire aggrappati, ce la facciamo insieme. Sono uomini e donne coraggiosi che si rialzano da soli, ma non solo. Con la forza di volontà, con l’ostinazione. Con quella sconosciuta, immensa parola … solidarietà. Con la reciproca compagnia.
Holt, non è solo una cittadina sperduta nelle grandi pianure del Colorado, è il canto a più voci di anime solo superficialmente sole e solitarie.
Di Tom Guthrie e dei suoi figli Ike e Bobby. I ragazzini consegnano il Denver News in tutta la cittadina con le loro biciclette prima di andare a scuola. Il papà insegna Storia americana al liceo.
“Figurati, Maggie, sei bella, disse Guthrie. Non lo sai? Mi togli il fiato.
Lo pensi davvero?
Dio mio, si. Non lo sai? Pensavo sapessi tutto.”
Di Victoria Roubideaux diciassette anni, incinta di quattro mesi. Una stupida puttanella per sua mamma.
“Io ero seduta accanto alla porta e lui è venuto a invitarmi. Quando mi si è avvicinato gli ho detto, non ti conosco nemmeno. Lui ha risposto, c’è bisogno di conoscersi? Bé, chi sei? gli ho chiesto. Che importa? Ha risposto lui. Fa lo stesso. Sono solo uno che ti sta invitando in pista a ballare.”
Di Maggie Jones così risoluta e protettiva.
Dei due vecchi fratelli McPheron, Harold e Raymond. Solitari, scapoli, decrepiti, scontrosi, ignoranti, prigionieri delle loro abitudini, in mezzo alla campagna a diciassette miglia a sud di Holt.
Raymond che decide subito di accoglierla e Harold che si arrabbia ma che accetta.
“Lei guardò prima lui, poi il fratello. Grazie, disse. Grazie di lasciarmi stare qui da voi. Bé, sei la benvenuta, disse Raymond. Davvero.”
“Due uomini anziani e una ragazza di diciassette anni seduti al tavolo sparecchiato di una sala da pranzo di campagna, dopo cena, mentre fuori, oltre le pareti di casa e le finestre senza tende, un gelido vento del nord scatenava l’ennesima tempeste invernale sugli altopiani.”
Haruf così bravo a descrivere paesaggi freddi e luminosi, neve scintillante come vetro sotto il sole, vento che soffia in raffiche improvvise e regolari che gettano i capelli sul viso e impedisce di vedersi davvero al primo sguardo.
Un gelo solo atmosferico.
Poi il buio della casa non più solo atmosferico dopo che lei è andata via.
“Salirono al piano di sopra. Si sdraiarono ciascuno in camera sua, senza riuscire ad addormentarsi, rimasero svegli al buio, separati dal corridoio, pensando a lei, e sentirono quanto la casa era cambiata, quanto all’ improvviso tutto sembrasse vuoto e triste.”
“Mia madre diceva sempre che c’è una lezione in ogni cosa che fai, basta avere gli occhi per vederla …”
Questa opinione rappresenta il parere personale di un membro di Opinioni.it e non di Opinioni.it.
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trama
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ambientazione
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personaggi
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sviluppo
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adatto a tutti
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