Suspiria
A due anni di distanza dal fortunatissimo Profondo Rosso (un milione di copie vendute il primo anno e oltre 4 nei successivi 40) si rinnova la collaborazione tra Claudio Simonetti e Dario Argento. Questa volta le cose vanno diversamente, complici ovviamente i risultati ottenuti, e non c'è più la necessità di lavorare in fretta e furia. Ai Goblin è lasciato ampio spazio e soprattutto tempo (tre mesi se non vado errato) per pensare a sonorità diverse, cosa che puntualmente accade grazie all'uso di strumenti e tecniche nuove per quel periodo.
Lo dimostra la title track, e tema portante del film, realizzata con il bouzouki, un particolarissimo tipo di mandolino usato in Grecia e qui acquistato da Argento in persona. Ritmo incalzante e riff ossessivo danno vita ad una macabra danza mentre l'alternarsi della chitarra con il bouzouki crea una cupa atmosfera, resa ancor più angosciate dall'onnipresente vibrafono. La sensazione è che ciò che ascolteremo (e nel caso del film vedremo) sarà qualcosa di malefico, ossessivo, inquietante.
Witch. Quella che sembrava una danza macabra va trasformandosi in un sabba infernale. L'uso delle sonorità tribali continua, questa volta supportato da tamburi che scandiscono il ritmo e un basso dal suono atipico, ma non per questo meno imperioso.
In lontananza si alternano lamenti e grida che fanno pensare allo svolgersi di un rito quando il tutto viene interrotto da Opening To The Sighs, un colpo di frusta breve e incisivo scoccato durante questo convivio di demoni e streghe. Il preludio a una vera orgia demoniaca (il successivo Sighs) fatta di sospiri e ritmi ancestrali, supportati da una sezione acustica di tutto rispetto, e le porte dell'inferno sembrano prossime ad aprirsi per vomitare tutto il male che da sempre contengono. La capacità evocativa di questi due brani, più il breve intermezzo, è così forte che incubi e angosce sembrano prendere forma immediatamente. Ecco perché non stupisce la scelta di affidare a Simonetti & Co. il compito di sottolineare quanto raccontato nel film da Dario Argento.
Trattandosi di una colonna sonora i brani devono essere funzionali allo svilupparsi della storia, ecco perché l'ambientazione infernale lascia il posto a Markos, il brano più strano e particolare dell'intero disco. Un intreccio di elettronica e sonorità etniche, che ricordano vagamente il sirtaki (la Grecia che ancora torna), si ricollegano alla canzone d'apertura dando vita a un ritornello ossessivo e magnetico. Una sorta di cantilena robotica in grado di ipnotizzare l'ascoltare facendolo viaggiare con la fantasia.
Anche in Black Forrest l'aspetto horror sembra cedere il passo ad atmosfere oniriche e trip mentali. Sono gli anni del prog rock, della sperimentazione sonora, e la band ce lo ricorda con un brano fantastico. Le peculiarità che caratterizzano il progressive anni settanta racchiuse in un ensemble di pura estasi: gli intrecci di chitarra acustica corrono veloci assieme al basso ipnotico e irresistibile Una ritmica che fa pensare a due binari sui quali sfrecciano assoli di chitarra e intermezzi jazzati del sax, e l'estro creativo della band che ancora una volta dimostra le proprie qualità mentre l'immancabile organo arricchisce questo piccolo capolavoro con un tocco vagamente orientaleggiante. Un brano pazzesco e coinvolgente, retrò, ma allo stesso attuale perché gli ingredienti che lo compongono non passano mai di moda. Fa seguito Blind Concert, una sorta di reprise della cantilena sussurrata nel brano Suspiria, qui riproposta con una maggior dose di elettronica e dai giri di basso fortemente jazzati, quasi dub. Una roba funky, quasi da disco club, che mai ti aspetteresti in un film horror, ma regista e autori sono talmente geniali da poter osare esperimenti di questo tipo.
Chiude le danze, ed è proprio il caso di dirlo, Death Valzer. Un pianoforte suona in quella che dovrebbe essere una tranquilla scuola di danza, ma che in realtà racchiude orrori e chi sa quali nefandezze.
Closing to the Sighs
Un disco che va ben oltre la classica colonna sonora, qui si tratta di un album progressive a tutti gli effetti, non a caso è inserito nella top list dei 100 migliori dischi italiani del settore. Da più parti è considerato un capolavoro, la punta di diamante della produzione discografica dei Goblin e io non posso che concordare.
La mancanza di un vocalist passa del tutto inosservata e a mio avviso è cosa rara, sono pochi i dischi strumentali che riescono a non annoiare, e il lavoro svolto da Simonetti, Morante, Pignatelli e i fratelli Marangolo è sontuoso. Merito di tecnica e di capacità compositiva in primis, ma anche di una costante ricerca che ha portato a contaminare un background artistico di per sé eccellente con sperimentazioni così diverse da risultare un valore aggiunto per l'intero disco.
Suspiria va ascoltato senza essere visto, per poter cogliere ogni piccola sfumatura e assaporare le inquietanti atmosfere che riesce a regalare.
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