House of cards - Gli intrighi del potere
Vantaggi
prima e seconda stagione
Svantaggi
le restanti stagioni
Adattamento seriale statunitense di una fiction inglese in 4 puntate, è arrivata alla sesta ed ultima stagione. Il tema trattato a dire il vero è abbastanza monotono, infatti tutta la trama ruota attorno all’ ascesa politica di Frank Underwood, uomo assetato di potere e privo di scrupoli, e di sua moglie Claire, ma un cast di prim’ordine e le loro interpretazioni ne hanno fatto un prodotto di successo soprattutto in patria. Per la struttura dell’impianto narrativo ricorda un po’ The Good Wife, un legal drama, che per la prima volta si discostava dalla classica spettacolarizzazione delle cause in tribunale a cui eravamo abituati, ma puntava su un realismo tecnico che grazie comunque agli sceneggiatori, manteneva interesse e suspance. In House of cards, abbiamo lo stesso taglio narrativo, a parte qualche colpo di scena dallo stile tipicamente hollywoodiano sparso qua e là, soprattutto nelle prime due stagioni, per la maggior parte della trama assistiamo ad abili manipolazioni da parte del protagonista per il raggiungimento dei propri scopi, ma sempre attraverso la tattica politica, il compromesso esasperato ed il sotterfugio diplomatico. Quindi niente a che vedere con la classica filmografia di Hollywood in cui il Presidente degli Stati Uniti si ritrova sempre sull’ orlo di una crisi nucleare. Un’altra novità introdotta dalla serie è la cosiddetta “rottura della quarta dimensione”, un espediente narrativo in cui il protagonista nel corso della puntata si lascia andare a considerazioni personali rivolgendosi direttamente al pubblico, congelando di fatto la scena che sta girando. Pur avendola seguita con interesse, devo ammettere che quelle che mi sono piaciute particolarmente sono state le prime due stagioni. Forse quelle più romanzate, ma per me quelle meglio riuscite. Dalla terza stagione in poi, secondo me perde un po’ di brio e comincia un’inesorabile caduta fino alla stagione finale che presenta un sussulto nella terzultima puntata, in cui addirittura Kevin Spacey (a mio avviso il vero mattatore dello show) è assente per una scelta della produzione in merito alle sue vicende giudiziarie. Nonostante il cast, l’interpretazione, la creazione di un personaggio iconico come quello di Frank Underwood ed il fenomeno mediatico che come precedentemente scritto si è avuto più in Patria che in Europa, la ritengo una serie un po’ particolare. Sulla qualità nulla da eccepire, ma parliamo comunque di un prodotto che affronta un tema quello politico che non a tutti può interessare e soprattutto perché ambientato in un sistema molto diverso dal nostro e quindi difficile da apprezzare nella sua interezza. Non bocciata, ma neanche promossa a pieni voti.
Questa opinione rappresenta il parere personale di un membro di Opinioni.it e non di Opinioni.it.
Segnala contenuto
Scrivi un commento