Opinione su ICO: Tenersi per mano

Tenersi per mano

01/11/2018

Vantaggi

Poesia ludica.

Svantaggi

Robetta di poco conto.



Più volte giocando ad ICO ho avuto l'impressione di vivere, di essere e di far parte di un sogno altrui, condiviso da altri. Un’esperienza unica, che tocca corde emotive intime e lancia continui messaggi a chi è in grado di coglierli.

Sensibilità e delicatezza convergono sia nella realizzazione tecnica che nelle tematiche di questo titolo: i colori tenui adottati; quel senso di smarrimento e paura che si fa largo dentro il castello (visto come un labirinto da cui fuggire); la gracilità dei personaggi; l'abuso dell'immagine sfocata, quasi a voler replicare quella di un occhio intorpidito; l'assoluta sensazione di abbandono e solitudine, che fa a tratti perdere il contatto con la realtà.
Tutti questi aspetti mi hanno totalmente rapito, facendomi innamorare di quel piccolo mondo a cui Ueda ha donato vita.

Il personaggio principale della storia, Ico (omonimo del titolo), deve proteggere Yorda, la co-protagonista, dall'assalto di spaventose creature d’ombra. Lo fa tenendola per mano e nel contempo fuori dai guai.
Soli, in un luogo ignoto, si genera quell’empatia, quella sorta di reciproco sentimento e di comprensione che va ben oltre le differenze linguistiche; perché non necessita di parole! Mano nella mano i due trovano conforto dal contatto reciproco.
ICO per me è poesia. Volendo entrare più nel contesto, penso che la poeticità sia sintesi: con poco dire tanto.
Sotto questo punto di vista ICO è senza alcun dubbio poetico. Basti pensare che un rapporto di coppia, in ICO, ci viene mostrato semplicemente tramite due ragazzini che si prendono per mano.
Sinceramente non riesco a focalizzare altra immagine dell'amore più sintetica di questa.

ICO, pur essendo un gioco a enigmi (e ogni enigma ha pur sempre una sola ed unica soluzione), carica ogni singola azione compiuta di significati emotivi.
Due ragazzini si incontrano per caso e, per sopravvivere, si devono aiutare a vicenda, sommando le loro forze e debolezze. Tutto il gioco ruota attorno a questo aspetto, cioè sul costruire percorsi e vie di fuga, interagendo col fondale e modificandolo, per far avanzare l’eterea Yorda e Ico.
La poesia sta proprio in questo, cioè nel proteggere la fanciulla dalle grinfie dei mostri-ombra. Difatti la si prende per mano e si cerca poco alla volta di costruire i due percorsi: uno per Yorda e uno per sé. Da soli non si va da nessuna parte, bisogna stare assieme per poter avere la meglio sulle avversità.



L'evidentissimo lirismo dell’opera si regge su un unico fattore: il protagonista NON PUO’ MORIRE. Ico (a differenza di Yorda), se aggredito, cade e poi si rialza. SEMPRE. Non muore.
L'obiettivo del gioco dunque non è tanto quello di arrivare alla fine, bensì di cogliere il significato che ogni azione comporta: liberare la fanciulla dalla gabbia, per poi prenderla per mano e ingegnarsi a modificare il fondale non tanto per TE giocatore, quanto per lei; tenendo conto dei suoi limiti fisici e non dei tuoi; combattere per salvare lei e non te, preoccuparsi della sua incolumità e non della propria.
Ed è questo il fulcro, ciò su cui si regge il tutto e che porta il giocatore a riflettere sulle azioni che compie per raggiungere il fine: salvare entrambi.
Il più grande pregio di ICO è la capacità di narrare, utilizzando quale unico strumento l’azione compiuta.
La bellezza in ICO sta nella storia narrata dal gameplay, con personaggi che offrono pochissimi eventi didascalici, e che raccontano vicende meravigliose senza mai aprir bocca, ma compiendo azioni e procedendo incessantemente in un percorso interno del gioco.
In ICO l’importante è guardare e sentire, poiché a piacere al giocatore è tutto cio che ruota attorno al gameplay: il fruscio del vento, lo scroscio dell'acqua, il richiamo di Ico e la risposta ansiosa di Yorda; i suoi passi nudi sul ciottolato; lei che rincorre le colombe e il fermarmi dinanzi a un dirupo ad osservare il mare da lontano.
La semplicità sta nel puro sense of wonder: guardarsi attorno, dolce far nulla in un mondo da sogno (o da incubo).

ICO è un gioco che va vissuto, perché ICO non è soltanto specchio riflesso dell’emozione più forte. ICO è un qualcosa che potrete amare o odiare, ma mai ignorare. Perché ICO è lo spettacolo della natura e dei sentimenti più umani; perché ICO è libertà, ma anche prigionia; perché ICO è il sentimento più puro e bello che esiste; perché ICO è silenzio; perché, difendendo Yorda con tutte le nostre forze, ICO è anche elogio dell’eroismo; e perché ICO è sì, anche e soprattutto, una stupenda esperienza.

E non saprete dove andare. E non saprete cosa fare. E non saprete chi temere. Ma, più bella cosa fra tutte, alla fine non vorrete neppure saperlo.
Vi lascerete trascinare dalle ombre, dal silenzio e dalla maestosità del castello che fa da sfondo e da primo attore per tutta la storia.
Vi lascerete coinvolgere dalla paura, dall’inquietudine e dall’amore di un innato istinto di protezione nei confronti di Yorda, la fanciulla da voi condotta.
Vi lascerete trasportare dalle emozioni di questa indelebile, indimenticabile ed unica esperienza.
Perché ICO non dura poi così tanto. ICO dura per sempre. ICO è immortale.
Fatevi tenere per mano da Yorda. Lasciatevi trasportare nel mondo di ICO, e commuovetevi per ICO.
Magari amatelo, ICO.

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leeboon

  • trama
  • grafica
  • gameplay
  • multiplayer
  • longevità
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  • dani54e
    opinione inserita da dani54e il 19/03/2019
    Ico è stato il gioco più difficile che io abbia giocato sulla gloriosa playstation 2, se il gameplay, è un lavoro estremamente semplice. Al livello più elementare, la sfida consiste nel passare dal pu...
    Continua a leggere >
    Esteticamente molto bello
    nessuno