Opinione su Il giorno - Giuseppe Parini: Parini e la forza della nobiltà

Parini e la forza della nobiltà

10/02/2019

Vantaggi

"Il Giorno" permette di comprendere che la critica di Parini alla nobiltà era soprattutto di carattere morale, e non politico

Svantaggi

Lo "svantaggio", se così si può definire, consisterebbe nel pensare che Parini, con "Il Giorno", avesse in testa intenti rivoluzionari nei confronti di una nobiltà che egli non credeva, in fondo, potesse effettivamente essere sostituita con un altro ceto.


"Il Giorno", è ben noto, contiene molta satira nei confronti della nobiltà, di cui però vengono messi alla berlina soprattutto certi comportamenti ritenuti dal poeta assolutamente vergognosi per un ceto che, bene o male, governava da secoli in Europa, e non soltanto in Italia.

Quindi, la critica di Parini si volge a mordere soprattutto certi costumi "degeneri", quali, per esempio, l'arroganza, o, a volte, l'inutile crudeltà nei confronti della servitù. Molto famoso, per esempio, è l'episodio della "Vergine Cuccia", ossia il cagnolino della nobildonna, "scalciato" da un servo che, tuttavia, paga duramente la mancanza commessa con il licenziamento in tronco, trovandosi così buttato, lui e la famiglia, in mezzo a una strada.

C'è però un dato fondamentale da tenere in considerazione quando si giudica "Il Giorno": e cioè che la critica anti-nobiliare del poeta non ha nulla di "politico", nel senso cioè che il Parini intendesse scalzare il potere della nobiltà con in testa l'idea di poterla "sostituire" con un altro ceto sociale, la borghesia, tanto per essere chiari.

Con Parini non siamo ancora giunti ad un Illuminismo "rivoluzionario": bisognerà aspettare ancora prima che i privilegi assoluti della nobiltà fossero spazzati via (in Italia e in Europa). Ciò accadrà per la Francia con la Rivoluzione Francese; e per l'Italia con il periodo napoleonico, quando la nobiltà italiana fu realmente attaccata e impoverita a favore del ceto borghese emergente.

E allora, se "Il Giorno" non vuole scalzare per sempre il ceto nobiliare, qual era il reale intento di Giuseppe Parini?

Per dirla in soldoni, il poeta intendeva essenzialmente "moralizzare" i costumi della nobiltà, criticandola per renderla, come dire, "più seria", essendo essa la guida incontrastata della società milanese e italiana di quel tempo. In buona sostanza il Parini "non vedeva" ai suoi tempi un ceto sociale in grado di guidare la società, per cui, ripeto, la sua critica era eminentemente "moralizzatrice", avendo appunto il ceto nobiliare l'onore e l'onore di governare la società del tempo.

D'altra parte, Parini, avendo fatto il precettore nelle più illustri famiglie nobili milanesi del tempo, conosceva benissimo quali erano i difetti della nobiltà, ma anche gli indubbi pregi. essendo tra l'altro il ceto nobiliare l'unico che possedesse gli strumenti culturali per governare: si pensi soltanto al fatto che i più grandi intellettuali-riformatori del Settecento erano tutti nobili, a partire, per esempio, da Cesare Beccaria (l'autore de "I delitti e delle pene"), padre a sua volta della madre di Alessandro Manzoni, che, se qualcuno lo avesse scordato, era "Conte".

Confido mi si creda se affermo che la lettura del "Giorno" non è proprio semplice, sia per la lingua, sia per i numerosi riferimenti dotti.

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