Un piccolo romanzo di appena duecento pagine.
Ho letto questo romanzo "Il veleno dell'oleandro" di Simonetta Agnello Hornby scrittrice siciliana a me sconosciuta, la cosa che mi ha spinto, lo ammetto, è la bellezza del titolo dal grande magnetismo evocativo e forse in maniera un poco sconsiderata, ho sperato che il contenuto potesse rispecchiarne la forza.
Purtroppo, come di solito accade, tra il talento di un autore e il titolo accattivante attribuito al proprio lavoro vi è un divario abissale.
Questa ne è la conferma.
Voglio prima di tutto delineare brevemente l'unico punto di forza che ho trovato in questa lettura: lo stile dell'autrice.
La Sicilia che fa da sfondo alle vicende della famiglia Carpinteri è descritta superbamente.
La cura e l'eleganza del linguaggio, l'amore per i piccoli dettagli descrittivi sono elementi che ho apprezzato e che di certo mi hanno aiutato nel proseguire in una lettura per altri aspetti decisamente poco coinvolgente.
Ad uno stile di scrittura piacevole corrisponde infatti una trama che mostra già dalle prime pagine tutte le proprie fragilità e debolezze.
Tanti personaggi. Tanti temi. Troppi per un piccolo romanzo di appena duecento pagine.
L'autrice tenta di descrivere l'intera vicenda familiare dei Carpinteri in un arco temporale di tre o quattro giorni. L'ambizione è quella di gettare luce su oltre cinquant'anni di storia familiare, legando ad essa le vicende tutte italiane del boom economico, della mafia e della recente immigrazione africana.
Vi è persino spazio per una quantomai ridicola caccia al tesoro ai gioielli di famiglia. I personaggi sono giocoforza appena abbozzati; si sottolineano le debolezze e le problematiche di ciascuno , l'anoressia di Viola e la bisessualità di Bede ad esempio, ma che per poter spiccare in una trama così ricca, finiscono con il divenire quasi grotteschi e per nulla credibili.
Le saghe familiari mi hanno sempre catturato per la capacità di unire, con ritmo lento e coinvolgente, esperienze e vissuti che sono comuni a tutti e in cui tutti possono ritrovarsi. Nel " Veleno dell'oleandro" invece si eccede, vi è tutto e troppo di tutto, troppa carne al fuoco e poca capacità di gestire i fili del racconto.
Si giunge alla fine e non rimane nulla di ciò che si è letto, se non una vaga insoddisfazione per essere stato gabbato da una copertina.
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