Amore incondizionato
Classe 1865 Marie-Clèmentine Valadon, in arte Suzanne Valadon, per tutta la sua vita fece dell'espressione ” Non io!” la sua colonna portante.
Figlia di una lavandaia dall'animo bigotto e dallo spirito spezzato dalle avversità della vita, si trasferì all'età di soli 5 anni in quel di Montmartre e se così non fosse stato probabilmente non avremmo mai conosciuto questa donna né saremmo mai stati arricchiti dal suo pensiero che dalle sue opere.
La piccola statura propria dell'artista non rispecchiava certo la versatilità della stessa, anzi! Chiunque conoscesse Marie avrebbe certo concluso che le “dimensioni” non le rendevano giustizia perché dentro ella era un vulcano in eruzione di idee, carisma, emozioni.
La sua bellezza era diversa da quella delle coetanee del tempo; i folti capelli ramati incorniciati a quel viso austero dalla pelle leggermente bruna, avvalorati da quegli occhi grandi ed espressivi e dall'assenza di quella bocca a cuore bensì da zigomi alti e pronunciati, a cui si aggiungeva un naturale portamento regale, la rendevano una creatura a cui alcun uomo poteva anche solo auspicare di poter opporre resistenza.
Bramosa di imparare la giovane desiderava studiare ma la povertà e la necessità di lavorare la strapparono dai libri tra i nove e i dieci anni. Nella sua vita conobbe la mendicanza e quando le opportunità dei lavori canonici quale far da sarta, prostituta o cuoca le si prospettarono davanti ella rispose: -”Non io!”-. In particolare, in merito al secondo, fu ben lieta di concedersi ma in tutta libertà e soltanto quando ella stessa lo avrebbe desiderato, un pensiero ben lontano dalla mentalità ottocentesca.
Avrebbe sfruttato la sua bellezza dedicandosi a far da modella, musa ispiratrice ai grandi pittori del tempo quali Renoir, Toulouse-Lautrec, Degas, Puvis, e molti altri ancora. Ma il suo scopo finale non era questo, voleva andare oltre, voleva dipingere, essere lei stessa l'artefice di quell'arte che per tanti anni la vedeva protagonista di quelle tele.
Ed anche quando, all'età di diciotto anni, rimase incinta si rifiutò di abortire perché per lei nessun essere doveva essere privato della vita. Vane furono le raccomandazioni della madre che anzi fu la causa della successiva rovina di quel nascituro, Maurice Utrillo, che già all'età di tredici anni fu da questa avviato all'alcolismo puro e semplice. La nonna non sapeva infatti come gestire quegli sbalzi d'umore che caratterizzavano il giovane, non aveva gli strumenti per identificare la malattia mentale che lo aveva colpito, e così per placare lo stato di agitazione in cui soventemente questo cadeva gli somministrava l'alcol quasi come se fosse una medicina.
L'animo di Suzanne fu sempre incline alla protezione degli animali, cani, gatti e non solo. Veniva dalla strada la nostra artista e mai avrebbe negato asilo ad un esserino bisognoso anche e soprattutto negli anni della guerra. Fu così che, durante questi anni, raccolse da terra un gatto rosso, forse pelle e ossa, ma orgoglioso ed inarrestabile come lei. Perché alla fine la nostra protagonista altro non era che l'umanificazione di un felino. La sua personalità, le sue movenze ne rispecchiavano interamente i caratteri. Raminou, il meraviglioso micio rosso, diventò il suo principale soggetto pittorico nonché suo ispiratore e fedele alleato. Per una strega veniva presa durante le sue passeggiate la donna, era strano per gli altri abitanti vederla con in spalla quel piccolo animale che mai da questa si staccava, fiero e lieto di esser con la sua mamma gatta. Altro non erano che ineguagliabilmente inseparabili i due perché una cosa sola.
La particolarità di questo romanzo risiede ne binomio artista-animale da compagnia. Il testo si apre con l'affermarsi del famoso Chat Noir e con il susseguirsi di pittori, musicisti, letterati di un tempo di svolta per la società umana, un clima di novità di cambiamento che ha lasciato ai posteri un tesoro inestimabile.
E solcando il cammino di Suzanne il lettore scoprirà caratteri sconosciuti di Renoir, la meticolosità quasi maniacale in Degas, la rigida metrica di Satie, la passione di Lautrec, la classicità di Puvis de Chevannes e molto altro ancora. Tutti autori, tranne uno di cui vi lascio il piacere di venire da soli a conoscenza, felicemente affiancati dalla presenza animale in particolare felina.
Un misto tra favola e realtà a causa del mixarsi di un ritmo che unisce narrazione a voce diretta con tanto di citazioni e dialoghi. Dettaglio che talvolta risulta eccessivo se si considera la quantità di punti esclamativi che ne scandiscono le pagine nonché la farraginosa scorrevolezza che in taluni casi costringe alla rilettura.
L'epoca narrata è irresistibile, è semplicemente affascinante. E quando l'amore tra umano-animale è sincero, nemmeno la morte sarà in grado di spezzare quel filo rosso che lega i due viventi. Ce lo dimostrano le ultime righe dello scritto:
“Ogni tanto, al cimitero di Montmartre, si potrà vedere una strana coppia, un ometto minuto che tiene in braccio un vecchio gatto rosso. Sostano a lungo davanti a una tomba semplicissima, sulla quale è un medaglione con un cuore che ha nel centro una rosa, e la scritta: “Dare – Amare – Dipingere”-.
Una chicca di rara bellezza in sole 93 pagine, un romanzo capace di arricchire e di trasmettere emozioni.
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