Opinione su Lo cunto de li cunti - Giambattista Basile: Basile e il Barocco ... in dialetto

Basile e il Barocco ... in dialetto

25/01/2019

Vantaggi

Una letteratura e una lettura assolutamente divertente

Svantaggi

Lo svantaggio sarebbe nel non gustare appieno la nostra letteratura dialettale, che ha raggiunto nei secoli vertici indiscutibili di grandezza, o


Il "Cunto de li cunti" offre l'occasione di puntualizzare alcuni fatti letterari di non poca importanza. Come si evince dal titolo, l'operetta in prosa di Giambattista Basile fu scritta, in piena stagione barocca in dialetto.

Ora, questo dato mi offre lo spunto per sottolineare che la letteratura dialettale non è una letteratura di serie B, inferiore cioè alla letteratura in lingua italiana. Coloro che scrissero (e scrivono) in dialetto non sono affatto degli autori scarsamente colti; anzi, è l'esatto contrario.

D'altra parte è da considerarsi il fatto notevole che scrivere in dialetto è tutt'altro che semplice. Come dicevamo, gli scrittori in dialetto appartengono "in toto" alla letteratura "alta"; e spesso, come nel caso di Basile, anche alle classi sociali più elevate. Il nostro Giambattista infatti era, come si dice, un vero e proprio "cortigiano", abituato alla sfarzosa vita non soltanto della Corte napoletana. Era anche scrittore di vaglia in lingua, in cui si distinse. Ma con Giambattista siamo in piena epoca barocca, e lo scrittore, se voleva acquisire fama e notorietà, doveva "rispondere" in pieno alla poetica barocca, il cui fine, come diceva il Prìncipe dei poeti dell'epoca, il Cavalier Marino, doveva essere la "Meraviglia": il fine del poeta è la meraviglia, diceva, " chi non sa meravigliar vada alla striglia": vada cioè a zappare la terra.

Con questi presupposti era veramente difficile per un poeta "fare carriera", specialmente perché il numero dei poeti era allora esorbitante. Tenendo sempre presente la poetica della "meraviglia", il nostro Giambattista ebbe un'idea originale: visto il numero stratosferico degli dscrittori "in lingua", perché non darsi alla scrittura in dialetto? Già questa scelta era una sorpresa. Ma l'astuto Giambattista non soltanto si diede a scrivere in dialetto, ma per trovare la famosa "Meraviglia" si diede tutto a scrivere fiabe, mettendoci dentro fate, eventi straordinari e "meravigliosi": streghe, orchi, fate, maghi, ecc.

Allora, Giambattista riuscì davvero a suscitare la "meraviglia" dei contemporanei (e dei posteri) dandosi completamente alla narrazione di favole e mettendoci dentro tutta la sua fantasia, che era davvero notevole. Nacque così "Lo cunto de li cunti", che fu scritto in dialetto napoletano.

Certamente, oggi come ieri, non è davvero facile intendere i dialetti: ma la lettura risulta comunque piacevole perché l'opera è stata giudiziosamente tradotta in italiano corrente. Chi dunque ama le letture un po' stravaganti e "meravigliose", può affidarsi con fiducia al "Cunto", trovando materia d'interesse: riscoprendo così un barocco meno serioso, ma riuscendo a gustarne forse meglio la poetica, che, appunto, puntava tutta sulla "meraviglia" della lingua e dei contenuti.

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