Un album altalenante
In assoluto questo è l'album che ha segnato il cambiamento più radicale avvenuto durante la carriera dei Linkin Park. Dopo aver sfornato due album simbolo del Nu-Metal, i sei californiani nel 2007, hanno deciso di abbandonare questo terreno, per consacrarsi a qualcosa di nuovo e diverso, pur conservando alcuni degli elementi che li hanno contraddistinti nel panorama musicale. Questa per loro, sicuramente è stata una mossa vincente, visto che sono riusciti a sopravvivere egregiamente alla palude insidiosa dell'industria Mainstream.
La prima differenza che possiamo riscontrare in questo album, rispetto ai due lavori precedenti, è un'inversione di marcia nel genere. Infatti in Minutes to Midnight troviamo composizioni Pop Rock, con testi molto più impegnati, elaborati e complessi, rispetto al passato. Gli scream di Chester Bennington diminuiscono notevolmente, come la frustrazione e la rabbia adolescenziale, presenti nei loro lavori più acerbi.
Spariscono quasi completamente i power chord, gli interventi di Joe Hanh e il rap di Mike Shinoda, per lasciare spazio agli assoli cristallini e morbidi di Brad Delson e alle melodie più dolci, ispirate ad alcuni gruppi soft rock, tra cui i Rem e gli U2.
Partiamo con la descrizione delle varie tracce.
Abbiamo Given Up, con un intro strumentale che vuole quasi simboleggiare un risveglio (come quello avvenuto da parte del gruppo, dopo quattro anni di assenza dalle scene). Questa è una canzone composta per rassicurare i vecchi fan, con la sua bella melodia di chitarre e batteria. Poi abbiamo Bleed in Out caratterizzata da uno dei pochi pezzi hip hop di Shinoda, con un ritmo frizzante e orecchiabile, e un riff semplice ma ben strutturato. Con Leave Out the Rest, emergono le prime pecche dell'album. La canzone ad un primo impatto appare piacevole, ma in realtà è piatta e poco interessante. Shadow Day è malinconica, melensa, abbastanza curata, con l'unico difetto di essere troppo simile ad una celebre canzone degli U2. What I've Done, è abbastanza indipendente dal disco, con le sue melodie evocanti il loro vecchio stile. Per quanto possa essere trascinante, è un brano di poco spessore. In Hand Held Hight, abbiamo come protagonista il rap potente e trascinante di Mike, con tematiche profonde e importanti. No More Sorrow è una traccia dura, abbellita dagli scream di Chester e da un riff di chitarra consistente, intenso e aggressivo.
Valentine's Day invece, è sciatta, noiosa e vuota, tuttavia la sua pesantezza non supera quella di In Between. La prima prova di Shinoda come cantante autonomo, può essere tradotta in un immenso strazio.
Fortunatamente questo album, termina con i suoi due lavori migliori, In Pieces, una piccola perla carica emotivamente e The Little Things Give You, ballata rock commovente e tecnicamente superba.
In conclusione, Minutes to Midnight è un album altalenante, in cui convivono piccoli capolavori e canzoni alquanto mediocri.
Senza ombra di dubbio è il lavoro più debole dei Linkin Park, ma sicuramente uno dei più essenziali e necessari.
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