Riccardo Patrese mito italiano della F1
La mia opinione su Riccardo Patrese è quella di un vecchio appassionato che lo ha seguito sin da quando mosse i primi passi nell'automobilismo sportivo per poi divenire l'italiano magico protagonista della Formula Uno anni settanta.
Il sito Automoto.it, nel celebrarlo per i suoi 66 anni, lo definisce in modo interessante:
"Meglio di lui solo Alberto Ascari e Nino Farina. Per gran premi vinti e i titoli mondiali. Poi, la storia italiana dei piloti di F.1, si ferma a Riccardo Patrese. Il miglior esponente tricolore negli ultimi 60 anni di corse. Con i suoi 6 successi nei GP, le 8 pole position, i 37 podi e il titolo di vicecampione del mondo nel 92, Riccardo Patrese, che compie 66 anni il 17 aprile, rappresenta il miglior pilota italiano degli ultimi decenni. Con lui, sul podio ideale di questa classifica, che tiene conto solo dei risultati e non delle qualità mostrate in pista, troviamo Michele Alboreto, Giancarlo Fisichella, Elio De Angelis e Jarno Trulli. Un po' poco, si dirà, a fronte dei successi della Ferrari con piloti stranieri. Se per trovare un italiano campione del mondo dobbiamo spolverare l'albo d'oro e tornare al 1950 (Farina) o il 1952 e 53 (Alberto Ascari), buona colpa di questa mancanza la si deve proprio al team italiano che non ha creduto nei nostri piloti e quando lo ha fatto, vedi Capelli 1992 o Fisichella 2009, la macchina non era assolutamente niente di che.
Altra storia, che con quella di Riccardo Patrese ha poco che spartire. Di certo Patrese rappresenta ancora oggi il meglio che l'automobilismo italiano abbia mostrato e nel giorno del suo compleanno, vale la pena ricordare alcuni momenti della sua lunga carriera. Riccardo ha debuttato in F.1 giovanissimo, dopo aver vinto il titolo europeo e italiano di F.3 con una Chevron Toyota del team Trivellato (che gli aveva dato fiducia senza richiedere il budget che volevano altri team di F.3). Era il 1977 e a Montecarlo ci fu l'occasione di salire sulla Shadow lasciata libera dopo la morte di Tom Pryce in Sudafrica. Con lo sponsor italiano Ambrosio, Riccardo si presenta a Montecarlo senza aver fatto un metro di prove. Lo scetticismo è forte, tanto che qualcuno è certo non si qualificherà affatto. Invece Patrese si classifica quindicesimo in prova e nono al traguardo e nel frattempo, ad appena 23 anni, diventa pure padre del primo figlio.
Una carriera fulminante, fatta di invidie da parte di tanti che vedono questo ragazzino sverniciarli e presentarsi nel gotha della F.1. Nel 1978 l'episodio che più di altri lo ha segnato. Il passaggio dalla Shadow alla Arrows coi transfughi del team e la fotocopia della monoposto anglo americana. La storia, per chi non lo sapesse, finì male. Nel senso che la Arrows fu il sasso in bocca della F.1 perché oltre ad essere una copia, era pure costruita con pezzi marchiati Shadow. In quella stagione Patrese, al pari di altri giovani esordienti come Pironi, Tambay e Villeneuve, ebbe alcuni incidenti. Per cui la fama di grintoso e pericoloso cominciò a diffondersi fino a quando si arriva a Monza. Al via Hunt supera Peterson che parte male, il gruppo arriva scomposto alla strettoia della prima chicane. La Lotus di Peterson sbatte contro le barriere e prende fuoco, le gomme volano e una centra Brambilla in testa. Nel caos del gruppo coinvolto nel mucchio, fra il nervosismo latente, l'accusa di James Hunt: "E' stato Patrese a causare tutto". Il tribunale dei piloti non ha dubbi e complice Hunt (che in realtà aveva innescato il botto) Patrese viene accusato e condannato. Ci penserà l'inchiesta giornalistica di Marcello Sabbatini su Autosprint (con filmati, foto e ricostruzioni) a far assolvere Patrese che da quel momento in poi fu rivalutato dal circus, vergognoso di aver accusato un innocente."
Inutile aggiungere altro se non che ho sognato mille volte di poter guidare in Formula Uno "
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