Beata solitudo
"Beata solitudo, sola beatitudo" recita uno dei miei detti preferiti, anche se Robinson forse non arebbe molto d'accordo. Scritto da Daniel Defoe nel 1719 questo libro è un grande classico della letteratura e uno dei miei preferiti, pur con tutte le imperfezioni e le pesantezze dovute al fatto che è una narrativa di tre secoli fa e perciò parecchio diversa da come noi oggi racconteremmo una storia di naufragio e sopravvivenza.
Il protagonista è appunto Robinson Crusoe, che voleva commerciare in schiavi ma si ritrova a essere l'unico superstite di un naufragio su un'isola deserta e che dovrà mettere in gioco tutte le sue competenze per sopravvivere da solo nella natura selvaggia. L'aspetto dell'ingegno è molto importante nel libro, così come gli stati d'animo del ritrovarsi in una condizione solitaria e sradicata dal proprio tempo e dalla società, che prima si combatte e a cui poi si finisce per abbandonarsi.
Forse tutti noi sogniamo prima o poi di andarcene su un'isola deserta a fare i naufraghi, ma questo romanzo ci ricorda gli aspetti più negativi e impegnativi di una simile esperienza, oltre alle necessità di comunicazione e compagnia che albergano nel cuore di ognuno-chi più chi meno.
Sono stati fatti vari adattamenti cinematografici, però forse ancora nessuno è riuscito a cogliere l'atmosfera del libro. Mi piacerebbe che in futuro ne venisse fatto uno con tecniche moderne, perchè è una storia in fondo attuale che merita di essere ancora raccontata.
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