Il denaro che brucia
Composto in tre atti ben differenziati, il reclutamento del gruppo, con echi strutturali e di carattere di The Seven Samurai e tutti i loro affluenti successivi, l'assalto alla casa di un re della cocaina e il successivo volo, il film ha nel Il lavoro di Chandor a una delle ultime riduzioni del classicismo americano. Come James Gray, Jeff Nichols e Taylor Sheridan, il regista di The Most Violent Year fugge dai fuochi d'artificio contemporanei con la messa in scena e la messa in scena, e brilla fuori dal campo nelle sequenze più violente, con calma nell'edizione, e con la calma fluidità dell'azione, esposti in sequenze paradossalmente calde girate con la steadycam.
Tuttavia, nonostante le differenze di direzione, i primi due atti, dialoghi ed eventi scritti da Boal (Nella valle di Elah, La notte più buia) con l'aiuto di Chandor, rilevati dal cameratismo, l'onore e la virilità del gruppo (e del suo fantastico cast) potrebbero benissimo essere tratti da una produzione di Michael Bay o Peter Berg. È invece nel suo insolito terzo segmento narrativo quando Triple Frontier prende il volo. A quel crocevia tra avidità, etica e sopravvivenza; nelle crepe nel gruppo. Sono i soldi che brucia e le ceneri che lascia, in un film, comunque, più vicine allo spirito avventuroso e spudorato di opere come 12 del patibolo e Kelly's Violent, quella della gravità delle precedenti opere di Boal e Chandor.
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