Perdita della propria
“ Factotum “ è il racconto di un disperato che vive alla giornata tra fallimenti di vario genere, ubriacature pesanti, donne discutibili. Henry è disgustato dalla vita, da ciò che un essere umano è costretto a fare per mangiare, dormire e mettersi addosso qualche straccio. Non sopporta i colloqui di lavoro. Detesta i moduli d’ impiego da compilare, falsi come la vita. Per essere assunto deve omettere i lavori più ripugnanti che ha svolto in passato, le diciotto segnalazioni per ubriachezza molesta, i lunghi periodi di disoccupazione passati in compagnia di qualche poveraccia in fuga da un manicomio o da un matrimonio disastroso. Deve dimostrare di avere i requisiti adatti per compiere mansioni umilianti, necessarie ad acquistare massicce dosi di alcol e quantità sufficienti di cibo.
Chinaski preferirebbe restare a letto, a bere. Perché quando beve, il mondo è sempre là fuori che lo aspetta ma almeno per un breve lasso di tempo gli concede una tregua, una piccola speranza che sopperisce alla mancanza di ambizione, dote di cui Hank è poco fornito.
Proprio non riesce a capire come possa essere divertente alzarsi alle sei di mattina, saltare giù dal letto, mangiare qualcosa controvoglia, andare in bagno, buttarsi nel traffico per raggiungere un posto dove si fanno i soldi per conto di qualcun altro.
Nonostante l’ assenza di una trama e la fastidiosa sensazione che niente possa cambiare né in Chinaski né tantomeno nelle persone che lo circondano, non si può non catturare un significato più profondo e non restare colpiti dalle rare ma coinvolgenti perle di saggezza, dalla sincera consapevolezza di uno scrittore/protagonista che sa di cosa parla, conosce se stesso, e che racconta l’ abisso che può raggiungere un essere umano. Senza filtri, senza regole.
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