Opinione su "Gita al faro" di Virginia Woolf: Davvero bello!
Davvero bello!
04/05/2020
Vantaggi
Il tutto è avvalorato da una penna quasi poetica che ha la capacità di disegnare nella mente del conoscitore immagini di grande pregio e che al contempo tesse un legame indissolubile tra ogni singola parte del libro poiché ciascuna è perfetta conseguenza e successione dell’altra facendo integrare elementi tra loro diversi che coabitano senza mai tra loro prevaricare
Svantaggi
non trovati
È all’età di quarantatré anni di quel 1925 che Virginia Woolf sente tornare ad emergere dentro di sé la presenza di quel fantasma, di quella presenza invisibile che colora la vita di ogni essere umano quando protagonista è la perdita. Per lei, quello spettro, non è altro che la madre, venuta a mancare quando aveva appena tredici anni e veduta morire con quella incredulità propria di occhi innocenti ancora incapaci di comprendere davvero quell’inesorabilità della separazione per mortis causa sino a cui sopraggiunge quella insopportabile consapevolezza, realizzazione del pre e post lutto, che va dalla trasformazione dell’affetto da bello e onnipresente a spezzato dalle circostanze a spirito la cui presenza è un ricordo che è fattore centrale nella mente per moralità e insegnamenti.
E così passano gli anni ma non passa mai la figura di questa donna e del suo esser stata. Da qui il bisogno di scrivere, di interrogarsi sul mistero dell’esistenza, del fato, delle certezze e delle insicurezze, di quegli avvenimenti inspiegabili con cui soventemente dobbiamo far i conti. Un senso di precarietà, di bilico che percepiamo con tutta la sua forza dirompente in “Gita al faro”, un’opera che ha inizio con una constatazione dal doppio riverbero essendo condizionata la sua riuscita al sopraggiungere o meno di fattori esterni, quali il fare o meno bel tempo. Un po’ come nel quotidiano, nell’esistenza che si perpetra giorno dopo giorno in un alternarsi di temporali (che come la metafora della luce del faro è la colonna portante dello scritto) e attimi di quiete. Dette antitesi, si susseguono per l’intero narrato e ben si coniugano con le singole personalità introdotte che, seppur riunite in un luogo comune, la villa dei Ramsay, agiscono e operano come particelle indipendenti, ovvero con una straordinaria autonomia che li porta a coesistere esclusivamente che per brevi anfratti per poi nuovamente tornare alla propria intima condizione di solitudine.
Tre le parti in cui l’elaborato è suddiviso. Nella prima, “La finestra”, conosciamo la famiglia Ramsay e apprendiamo della sua vacanza sull’isola di Skye nelle Isole Ebridi. A seguito della prima contrapposizione dettata dall’incertezza della gita prevista per il giorno successivo e alla tensione che ne emergerà tra coniugi, conosciamo tanti colleghi e amici della famiglia per giungere all’ultimo capitolo ove ha luogo la cena che al suo interno racchiude molteplici aspettative di fatto disattese.
Nella seconda, “Il tempo passa”, la Woolf si sofferma sullo scorrere del tempo. Il ruolo di questa sezione, a mio avviso, è quella di collegare la prima alla terza passando tra gli anni del Primo Conflitto Mondiale sino al presente.
Infine, nella sezione intitolata “Il faro”, vi è un ritorno al passato dei membri superstiti della famiglia Ramsay, che si recano alla loro casa delle vacanze progettando nuovamente quella gita al faro non compiuta dieci anni prima.
Tante le tematiche care all’autrice che è possibile ravvisare all’interno dell’opera e che vanno dall’ambivalenza tra cuore e mente, ragione e istinto, il tempo, le illusioni, il sogno, la vita che per quanto cerchiamo di trattenere è un flusso inarrestabile che non agisce in virtù delle nostre speranze, delle nostre aspettative, che non trattiene il desiderio per lasciarlo andare, l’amicizia, la famiglia, la memoria che non cura bensì rimarca il dolore, il rimpianto, il disequilibrio, l’introspezione.
Il tutto è avvalorato da una penna quasi poetica che ha la capacità di disegnare nella mente del conoscitore immagini di grande pregio e che al contempo tesse un legame indissolubile tra ogni singola parte del libro poiché ciascuna è perfetta conseguenza e successione dell’altra facendo integrare elementi tra loro diversi che coabitano senza mai tra loro prevaricare. I protagonisti rappresentano invece l’emblema di quell’emozione che è propria dell’umanità.
In conclusione, una perfetta tradizione del romanzo modernista in cui alla trama prevale l’introspezione psicologica dei personaggi, con una forte nota autobiografica e dalle molteplici riflessioni sul vivere, sul nostro essere.
Questa opinione rappresenta il parere personale di un membro di Opinioni.it e non di Opinioni.it.
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trama
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ambientazione
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personaggi
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sviluppo
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adatto a tutti
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