Romanzo irriverente, fosco, divertente
Irvine Welsh appartiene a quella sparuta categoria di autori che prendono squallore a piene mani e riescono a farne un'opera d'arte. Pochissimi ci riescono: Chuck Palahniuk - che adoro-, Charles Bukowski, ognuna con la propria peculiare cifra stilistica e un'ossessione per certe forme di miseria esistenziale o collettiva. Nel romanzo Il lercio il romanziere scava ancora più che in Trainspotting nello squallore ma senza dimenticare di farci ridere. Il libro sarebbe un poliziesco: si apre infatti con l'omicidio di un uomo di colore, sul quale è chiamato a indagare il lercio, protagonista indiscusso della storia assieme... alla sua tenia intestinale, già... il nick deriva dal suo assoluto disinteresse per l'igiene, o forse dalla sua etica decisamente discutibile: invece che indagare, il nostro preferisce darsi a droghe, corruzione, orge. Assistere alle riprese di un filmino a tema zoofilia non gli fa battere ciglio, costringere una giovanissima col ricatto a praticargli una fellatio non turba la sua coscienza. E c'è di peggio, come si scoprirà in ultimo. Perché se il male ricade su un altro non toccherà lui, almeno questa volta. Ma per quanto? Alla fine il lettore scoprirà quanto c'è da scoprire: chi è il colpevole dell'omicidio e dove porta lo stile di vita del protagonista. In conclusione, il lercio è una storia a tinte forti, ma per chi non arretra causa conformismo è un bel romanzo. Anche se, devo dire, Trainspotting mi è piaciuto di più.
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