Doppio gioco
Scritto sotto forma di diario-confessione in prima persona, racconta la storia di un uomo che è stato imprigionato a vita come spia e che alla fine ne è uscito quasi distrutto. Mi è parso ricchissimo, in quanto il contenuto è molto emozionante. La guerra a cui fa riferimento è quella del Vietnam, che io ho vissuto di riflesso attraverso i media mentre succedevano le cose qui raccontate, vicende che ho rivissuto volentieri anche per chiarirmi le idee.
Il protagonista, chiamato genericamente il "Capitano", è stato preparato al suo lavoro fin da piccolo: nato nel Vietnam del Nord, gli venne offerta la possibilità di approfondire i suoi studi negli USA allo scopo di familiarizzare con quel mondo ed essere pronto a servirsi delle conoscenze acquisite per il bene del suo paese. All'inizio della sua attività gli venne ordinato di infiltrarsi e avvicinarsi il più vicino possibile al Generale, il capo della polizia segreta sudvietnamita, ma al momento della liberazione di Saigon, nel '75, ricevette un ordine perentorio: partire con lui, rimanere al suo fianco negli USA e diventare le sue orecchie e i suoi occhi, in modo da riferire al Vietnam riunificato tutto il possibile. Il Capitano, ad un certo punto, decide di tornare a casa e, violando gli ordini, rientra insieme ad un gruppo che avrebbe dovuto fomentare la guerra civile nel paese, ma viene catturato e per la sua disobbedienza subisce mesi di torture. E lui non capisce il perchè...
La domanda che vuol porre il libro, e che mi sono posta anch'io, è questa: quando una spia finge per anni, facendo il doppio gioco, resta fedele al suo ideale originale o diventa un simpatizzante dell'altra parte? È la stessa domanda che mi sono posta pensando a chi, tra le forze dell'ordine, si infiltra nella malavita e deve comportarsi in modo da non destare sospetti... e nel caso in cui dovesse violare la legge, rimarrebbe integro?
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