AHIMÈ TROPPO BREVE
Vantaggi
Divertente e fiabesco ma ahimè brevissimo, ha allietato poche ore di un pomeriggio finalmente nevoso nella città che tanto ha amato il compianto cantastorie.
Lieve per dimensioni e tono, il romanzo si presta però a letture con diversi livelli di approfondimento in una sorta di millefoglie letteraria in cui sta uno dei suoi maggiori pregi. Ci si può limitare a godere della favola bella e sorridente che fa volare l’immaginazione in un Seicento d’invenzione diviso tra guerre stupide e tranquilla vita rurale nell’entroterra ligure e si snoda attraverso una serie di peripezie che conducono all’immancabile lieto fine. Oppure interrogarsi sui significati più profondi che l’autore ha dato a molti dei passaggi o caratterizzazioni e su cui è stato molto esplicito (pure troppo) nell’introduzione e in alcune interviste: ovviamente il tema del doppio, con Medardo tagliato a metà da una palla di cannone sia nel fisico sia nello spirito tra bene e male, ma anche le figure dell’ingegnoso falegname e del dottore (la scienza e la tecnica al servizio del potere) ovvero il gruppo dei lebbrosi in cui Calvino identifica gli intellettuali per finire con gli ugonotti in cui si riflettono le rigidità della borghesia produttiva. In entrambi i casi, l’efficacia di queste cento pagine scarse non è neppure da mettere in discussione: il tocco brioso dello scrittore trascina sin da subito il lettore in un mondo di fantasia popolato di personaggi magari disegnati con pochi tocchi eppure indimenticabili a partire dal ragazzino che narra in prima persona e con l’apice di Pamela e della sua famiglia da cartone animato. Insomma, se è dell’autore il fin il divertimento, come lo stesso ha indicato per questo lavoro, bisogna dire che la missione è pienamente compiuta.
Questa opinione rappresenta il parere personale di un membro di Opinioni.it e non di Opinioni.it.
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