Opinione su Jojo Rabbit: Jojo Rabbit, la guerra e l'amore al di là del nazismo

Jojo Rabbit, la guerra e l'amore al di là del nazismo

01/07/2020

Vantaggi

Trama, interpretazioni, ambientazione, premio Oscar alla miglior sceneggiatura non originale, perfetto per tutti, sagace e toccante al contempo

Svantaggi

Assolutamente nessuno


"Jojo Rabbit" (2019) è una pellicola che ha saputo monopolizzare la mia attenzione dal primo all'ultimo secondo. Sarà che ogni storia che abbia a che fare con il periodo della Seconda Guerra Mondiale - di cui mi reputo una buona cultrice - mi attira, ma questa in particolare, diretta e scritta da Taika Waititi e basata su un romanzo di Christine Leunens, è riuscita a colpirmi le fibre dell'anima in più di una modalità poiché tratta temi duri e non nuovi con un'ironia tanto delicata quanto incisiva. Se ha veicolato le giuste dosi di emozioni è grazie anche al sublime lavoro attoriale di tutti coloro che hanno avuto un ruolo, a partire dal giovanissimo protagonista, classe 2007.
È il 1945, la macchina della propaganda nazista si muove a pieno ritmo come è solita fare sin da quando Hitler si è arrogato ogni potere. La guerra, la storia ne è testimone, sarebbe finita di lì a poco, ma in una cittadina tedesca vive Jojo Betzler (Roman Griffin Davis), un bambino di dieci anni fermamente fedele alle ideologie naziste, tanto da avere come amico immaginario Adolf Hitler (interpretato dal regista). Il piccolo fa parte della Gioventù hitleriana - che impone un lavaggio del cervello alle più giovani menti - e vive solo con la madre, Rosie (Scarlett Johansson), una giovane donna sognatrice, buona e attiva sia nel suo ruolo di madre che nella resistenza contro la guerra (all'insaputa del figlio). Ben presto Jojo scopre che la donna tiene nascosta in casa una ragazza ebrea, Elsa (Thomasin McKenzie), per proteggerla da morte certa. Per un bambino della sua età, convinto erroneamente di aver trovato il suo posto nel mondo, venire a contatto con uno di quegli ebrei tanto avversati e deplorati dal regime da lui venerato è un colpo improvviso e tremendo. Ma questa è anche un'occasione perfetta per cambiare e imparare qualcosa in più, come dei nuovi e più onorevoli sentimenti. Lottare con le imposizioni della dittatura e le sue fantasie circa gli ebrei non è cosa facile, soprattutto quando il legame con la giovane intrusa si fa più forte e diviene la spina dorsale di una trama che non mostra magagne né dettagli fini a sé stessi.
Il film ha un'energia visiva che evoca un'atmosfera vintage ma vivace e moderna al contempo, cosa che stride con l'idea cruenta della Seconda Guerra Mondiale. Eppure, le ambientazioni, i costumi e tutti i dettagli estetici sono curati alla perfezione per dare a tutti gli effetti l'impressione di essere in una città tedesca pervasa dal feroce spirito nazista.
La storia si dispiega proprio in questo clima e Jojo è il protagonista vero e proprio di tutto ciò che accade, pur essendo affiancato da altri personaggi sfaccettati che rappresentano ciascuno le mentalità traviate dell'epoca, come la Fräulein Rahm (Rebel Wilson), che fomenta e infarcisce di idiozie i bambini mandandoli anche a morire, e il Capitano Klenzendorf (Sam Rockwell), uno dei migliori coprotagonisti.
Dopo dei preamboli che ci introducono nel contesto e ci danno prova della convinzione di Jojo circa il suo parere politico, il film comincia piano piano a sovvertire le sue sicurezze. Il piccolo protagonista si trova a dover sostenere dei conflitti interiori, ma è solo quando trova il coraggio di guardare davvero dentro sé stesso che opera dei cambiamenti. Il legame con la madre e con Elsa sono aspetti cruciali che rappresentano gli unici valori veri e sani in una nazione corrotta moralmente dalla dottrina dittatoriale di Hitler. Jojo fa affidamento sulla figura di quest'ultimo perché egli lo inquadra di fianco a sé, e a lui si rivolge per avere la certezza della bontà delle sue azioni per assicurarsi che agisca come vorrebbe il Führer in persona. Ma l'Hitler di Jojo è più farsesco e infantile e, a mano a mano che le idee del bambino fluttuano, egli riveste un ruolo meno cruciale. Il dittatore dipinto e visto dal protagonista rappresenta quella parte della sua mentalità che è stata plasmata dalla propaganda nazista. Egli parla e si confida con lui traendone coraggio e ricavandone consigli, ma quando ogni cosa nel mondo di Jojo viene stravolta, ecco che i suoi discorsi con la figura baffuta cominciano a mostrare delle incertezze, delle crepe che si intensificheranno fino a quando non avverrà il momento di liberazione totale.
Nello scenario in apparenza tranquillo ma gremito di soldati, armi, invasati, poster propagandistici e bandiere che recano il simbolo della svastica, c'è una casa, quella dei Betzler, in cui avviene ciò che non sarebbe mai permesso dai tedeschi. Si sviluppa infatti un rapporto tra Elsa e Jojo fatto di discorsi che se all'inizio sanno di diffidenza e terrore, poi mutano e rivelano un interesse particolare e profondo. Tra i riferimenti storici veridici circa la guerra e le panzane propalate dai tedeschi, i dialoghi tra i due nuovi amici si concentrano principalmente sulla razza ebraica. Pur toccando temi che fanno riaffiorare alla memoria periodi tristi della storia dell'umanità, il film può vantare una sagacia che sa far ridere senza sconfinare nel territorio del cattivo gusto perché tutto avviene all'interno di un ambiente deliziosamente grottesco in cui la commistione commedia, dramma e guerra risulta funzionare in maniera fluida e del tutto ineccepibile. Chiunque può fruire una pellicola del genere e chiunque può comprendere senza difficoltà il suo significato.
Dico che va bene per qualsiasi tipo di spettatore (nonostante qualche scena forte) poiché è strutturato in maniera semplice e si fonda su una sceneggiatura che dimostra uno spessore e una profondità enormi, con il genere romanzato che si mescola intelligentemente alla realtà spietata di quel contesto storico per far riflettere, per tramandare un messaggio ancor più chiaro e intenso e, ovviamente, per non far dimenticare.
Nelle parti finali, quelle in cui si sprigiona al meglio la componente drammatica e guerresca, si ha la totale percezione della trasformazione di Jojo. Da nazista convinto quale era, attraverso eventi veramente tristi ha scoperto quanto atroce e iniqua è la guerra, quanto tutto il sistema del regime sia perverso e sbagliato, e quanto il trattamento riservato agli ebrei non abbia alcun fondamento. L'anima di un bambino, che rappresenta sempre l'innocenza, in "Jojo Rabbit" dapprincipio agisce in maniera sbagliata perché sottoposta alle macchinazioni naziste, ma alla fine riesce a liberarsi delle catene mentali allorché impara a guardare con i propri occhi il degrado e la devastazione che Hitler e i suoi fantocci hanno arrecato alla Germania, senza dimenticare tutti gli affetti che gli hanno tolto mentre egli era impegnato a dimostrare di essere degno, forse per mera volontà di omologazione, di indossare l'uniforme tedesca e di portare pugnale e svastica addosso. Questo bambino di dieci anni e mezzo si è ritrovato coinvolto in un clima di guerra- la più grande e nefasta -, ci ha guadagnato delle cicatrici, ha perso qualcuno, ha conosciuto qualcun altro e, soprattutto, ha scoperto la verità e anche qualcosa come l'amore, un sentimento veramente edificante e fortificante in circostanze in cui tutto cade a pezzi, sia i partiti politici che le città. Brillante, equilibrato, compatto, toccante, potente: "Jojo Rabbit", che tra l'altro ha vinto l'Oscar per la miglior sceneggiatura non originale nel 2020, merita invero di essere visto e interpretato in base a come suggerisce il proprio cuore.

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    opinione inserita da dani54e il 09/07/2020
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    personaggi veramente belli
    comicità a tratti un po eccessiva
  • millifly
    opinione inserita da Anonimo il 15/06/2020
    Jojo Rabbit è un film che si è imposto al grande pubblico agli scorsi premi Oscar, riuscendo a portare a casa anche una statuetta per la sceneggiatura. Il film diretto e intepretato da Taika Waititi è...
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    una storia diversa
    nessuno
  • jimorris
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    stile originale, ridicolizzare il nazismo
    tratti disomogenei e disarticolati, stile a tratti troppo farsesco