Per me molto interessante
Ecco il primo romanzo di Margaret Atwood, edito nel 1969 ( scritto e rifiutato dalle case editrici quattro anni prima ), e' una rappresentazione di un universo femminile indefinito, soggiogato a una società convenzionale, oppressiva, maschilista che la protagonista subisce inconsapevolmente, tormentata da un' accettazione autoimposta che dia un senso al reale e dal desiderio di seguire le proprie inclinazioni.
IL 1969 fu il periodo della nascita del movimento femminista nel Nord America, a cui il romanzo viene ricondotto per temi e contenuti, ma l' autrice nella postfazione ci ricorda che fu scritto nel 1965 e lo considera un testo protofemminista, non avendo lei ...” alcun dono di chiaroveggenza “....
Di certo i temi trattati riguardano la marginalità di un mondo femminile con poche possibilità di eludere un limbo di inutilità e indifferenza relegato a una carriera senza prospettive o al matrimonio.
In tale contesto la progressiva rinuncia al cibo da parte della protagonista, quel " cannibalismo simbolico " che all'epoca attrasse la curiosità della Atwood, si carica di significati.
Miriam vivra' tra realta' e desiderio, apparenza ed essenza, amore e tolleranza, frustrazione e rigetto, circondata da amicizie in via di definizione, un cortocircuito pericoloso e autodistruttivo, imbrigliata nell' ovvio ma con un' indefinita volontà di fuga, crisi di panico, il progressivo rigetto del cibo, inseguendo una collocazione nel mondo.
L' impiego poco gratificante in una multinazionale impegnata in sondaggi pubblicitari da girare al mercato, una formazione scolastica incentrata su altro, cominciano a insinuare in lei un' idea di inutilità, ricercando se' stessa nella vaga speranza di un senso.
È in balia di un fidanzato, Peter, obbrobriosamente convenzionale, uno da villetta e letto a due piazze, programmato per imbrigliarne la liberta' nei confini asettici di un legame che sopravvive ..., sulla superficie in cui galleggiano “..., una relazione oppressiva e insignificante che lei si sforza di mostrare perfetta in una bolla illusoria di amore e convenzionalità.
E poi c'è lui, Duncan, dottorando in letteratura, comparso per caso, indifferente alle cose, diverso, stravagante, anticonvenzionale, allergico agli individui e al superfluo, un giovane che vive alla giornata, insinuandole il dubbio su identità e cambiamento, anche se parrebbe solo un diversivo e una boccata di ossigeno al cospetto di un mondo che continua a richiamarla all' ordine prestabilito e al proprio senso di responsabilità.
Quante domande inevase, sulla propria e altrui identità, un desiderio di fuga che parrebbe riferibile all'es, ma il cambiamento fa breccia nell' io e il percepito pare diverso.
È realmente cambiata dentro, vittima o carnefice all' interno del proprio universo relazionale, quali soluzioni futuribili oltre una liberazione apparente dal proprio male di vivere?
Il futuro riserverà poche gratificazioni all' universo femminile, come sottolinea l' autrice stessa, il romanzo muove i primi passi nel mondo letterario della Atwood, e lo fa in modo piuttosto scomodo. Miriam è ancora una donna in divenire, confusa su quello che sara', non sa come muoversi e il testo dà la sensazione di essere costruito per esprimere un' idea chiara all’autrice, non altrettanto armonico nella rappresentazione e nello sviluppo dei fatti, ne' nella somma delle sensazioni esternate.
I personaggi vivono realtà separate, quasi rappresentassero altro, o solo se' stessi, piccole porzioni di un mondo interiore ed esteriore letterariamente ancora piuttosto acerbo e spezzettato.
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