Difficile lettura più parole meno pensieri
In "Sonno" lo scrittore, in meno di 80 pagine, ci fa vivere qualcosa di singolare e riflessivo, almeno al principio.
La protagonista - non posso definirla diversamente visto che non dà un nome a nessun dei personaggi del romanzo - si ritrova inspiegabilmente, dopo un sogno piuttosto reale, a non aver più la necessità e la sensazione di dormire.
Questa situazione la porta ad avere una quantità di tempo libero da poter dedicare interamente a se stessa. Può rispolverare così vecchie passioni e soprattutto si ritrova a farsi delle domande sulla sua vita.
"Sonno" è un racconto difficile originariamente apparso in raccolta e riproposto da Einaudi in un nuovo formato, impreziosito dalle splendide illustrazioni di Kat Menschik.
IL racconto che, come per ogni altra opera narrativa di Murakami, si sviluppa sul doppio piano della realtà e dell'illusione, senza che vi sia una netta distinzione tra i due livelli.
Perché "Sonno" non è affatto un racconto sull'insonnia. La mancanza di sonno della protagonista di cui non sappiamo nulla, neanche il nome, è la porta su una nuova dimensione dell'esistenza. Un'opportunità.
Eppure, è come se la trappola in cui vive di giorno non si fosse aperta, ma soltanto estesa alla notte.
Avverti l'angoscia, leggendo questo racconto.
Un' angoscia che ti sfiora appena, che ti osserva, mentre prosegui nella lettura.
Forse perché è facile immedesimarsi nella protagonista: una vita ordinaria, senza eccessivi colpi di scena; un marito, un figlio. Una vita casalinga fatta di spese, piccole commissioni e tempo libero.
L'angoscia si manifesta in questa routine fatta di rituali stereotipati, giorni che cambiano solo sul calendario.
E affiora l'idea che quello che stiamo leggendo non sia il resoconto di una strana insonnia, ma la vita vuota e piatta di uno spettro.
La protagonista, suo marito, suo figlio, sono vivi? O sono semplicemente dei morti costretti a ripetere, all'infinito, le stesse azioni?
Come al solito, come per tutte le opere di Murakami, non ci è possibile rispondere alla domanda che il finale aperto lascia latente e in sospeso. Non so tante parole e meno pensieri.
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