Mi chiamo Samuel, ma tutti mi chiamano Sami
“Mi chiamo Samuel”, così comincia l'ultimo libro di Walter Veltroni, uscito in occasione della Giornata della Memoria, per ricordare quanto è successo ad Ebrei e non solo durante la II Guerra Mondiale, un libro che è anche un diario immaginandosi il piccolo e il grande Samuel, un libro adatto sia ai ragazzi che agli adulti.
Il titolo dipende da un ricordo, quello del gioco a Nascondino cui i bambini dei campi riuscivano almeno qualche volta a giocare e al grido finale “Tana libera tutti” sognavano che questo diventasse vero e che le porte finalmente si aprissero.
La storia parte nell'-Isola delle Rose-, cioè Rodi, una delle perle degli arcipelaghi greci che in quel periodo era controllata dagli Italiani. Mare, sole, tranquillità: nessuno pensava che ciò che è accaduto, potesse capitare anche lì, ma il Male non trascura nessun angolo, anche il più piccolo.
Samuel detto Sami era a scuola, aveva 8 anni quando seppe che “non era come gli altri” e che dal giorno successivo non avrebbe più potuto andare in classe e per lui fu difficile capire perchè. Poi intuì di colpo: cessò allora di essere un bambino e diventò un ebreo, un reietto della società, costretto ad obbedire a leggi diverse da quelle degli altri e a portare una stella gialla perchè tutti capissero al volo chi lui fosse. Poi arrivò il terribile 1944 e con una retata veloce e a maglie strette, tutti gli Ebrei e altri ancora vennero presi da Rodi e portati nei “campi” là dove proprio -il lavoro rende liberi-.
La sorella scompare, poi il padre che però gi ordina “Tu devi sopravvivere” ed ecco che si arriva a quello che ci rivela il sottotitolo del libro-verità, “Sami Modiano il bambino che tornò da Auschwitz”.
Dal 1945 al 2005 passano 60 anni e solo in quel momento Sami Modiano prende il coraggio tra le mani e decide di partecipare ad un viaggio in Polonia, nella -casa- che ebbe durante la guerra, Auschwitz e lo fa con un gruppo di ragazzi e con l'allora Sindaco di Roma, lo scrittore del libro, cioè Walter Veltroni.
Lui come molti altri tornati dai campi, come tante volte ha ricordato anche Liliana Segre, ha cercato tutta la vita la risposta al Perchè?: “Perchè io, solo io della mia famiglia sono sopravvissuto?” con l'ansia e quasi il senso di colpa dei sopravvissuti.
La risposta allora dopo il viaggio gli è venuta chiara: lui è sopravvissuto per testimoniare, per raccontare che -questo è stato-.
Libro consigliatissimo.
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