Lettura nell'insieme deludente
Non avevo mai letto nulla di Amelie Nothomb, a parte un breve estratto di Cosmetica del nemico, che mi era sembrato interessante e mi aveva convinta a conoscere questa scrittrice. Così quando in libreria ho trovato Uccidere il padre l'ho acquistato. Il libro è molto esile, 96 pagine stampate con caratteri abbastanza grandi; in effetti, un racconto lungo anziché un romanzo. La trama verte su un adolescente cacciato di casa che riesce a farsi adottare da un celebre mago e dalla sua giovane compagna, Christina. Lo scopo del ragazzino è farsi insegnare i trucchi del mestiere, ma ben presto a questo proponimento si sovrappone, più intenso, quello di sedurre la compagna del suo benefattore, del quale si innamora. A seduzione avvenuta, ecco il finale. Quest'ultimo rappresenta uno scarto imprevisto e mal riuscito rispetto alla trama precedente, mancando del tutto secondo me le premesse per raggiungerlo. La Nothomb non scava granché nei personaggi, cosa che non è strettamente indispensabile ma lo diventa se non c'è altro che conduca il lettore ad assimilare con convinzione una vicenda. Lo stile della scrittrice non è male, svelto e asciutto ma mai eccessivamente scarno né banale, difatti la storia all'inizio si fa leggere senza tedio né fatica. Poi proseguendo nella lettura la trama mostra la sua mediocrità. Un critico ha definito il punto di vista della scrittrice mai superficiale né troppo profondo, concordo. Va detto che come quasi tutti gli autori contemporanei anche lei scrive a contratto, vale a dire che deve farlo a scadenze regolari, che sia ispirata o meno. Chissà, magari questa è la sua opera peggiore. Io comunque non credo che leggerò altro scritto da lei.
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