Un gran capolavoro
Uno dei punti di forza della società americana è la capacità di creare zone di contatto fra la cultura mainstream e quella popolare. Bisogna pensare che solo cento anni fa questo paese aveva sfornato non più di un paio ai autori in grado di reggere il confronto con le letterature europee, ma intanto cominciava a mettere insieme quei fattori che l'avrebbero fatta decollare ai due livelli, fenomeno poi esploso nel secondo dopoguerra. Sovraccaricare di significati un oggetto infantile come una palla da baseball per trasformarlo in qualcosa dotato di un sapore mitologico, neanche fosse la lancia di Longino, non è una cosa semplice. Rendere la sua "quest" una avventura epica contemporanea, nella quale azioni, eventi e personaggi disegnano un mosaico totale, è ancor più un'impresa. DeLillo ci è riuscito come solo lui poteva, però occorre ammettere che le dimensioni del romanzo provocano anche degli squilibri. In particolare, i capitoli sugli anni '80 non reggono il confronto con quelli dedicati agli anni '50 e '60, quando l'autore era un ragazzo e ha vissuto con un'intensità diversa il melting pot italoamericano che racconta.
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