Storia di una vita semplice
Ho visto il film A simple Life (2011) inserito da Sky nei film Cult per l’argomento trattato e per la serie dei premi ricevuti, in primis al 68° Festival del Cinema di Venezia: la storia è vera e racconta il rapporto di affetto e sincera amicizia tra il regista Roger Lee e la sua amah, la governante-balia che ha lavorato nella sua famiglia per quattro generazioni allevando con amore padri figli e nipoti e giunta ormai alla vecchiaia e all’indebolimento. Tra tutti i parenti il rapporto più forte è proprio quello con Roger con cui la donna è rimasta per curarlo e curarne la casa, per assisterlo con cura amorosa in un affetto dato più dai gesti che dalle parole. Roger vive ad Hong Kong, è un produttore di successo e gira continuamente per il suo lavoro, ma quando un infarto blocca la donna che comunque si salva, si ferma per assisterla e restituirle quello che le ha dato in precedenza, seguendola anche quando lei decide di ritirarsi in una casa per anziani. Ripeto che nel film quelli che colpiscono sono i gesti lenti, accurati, ricchi di sensibilità e delicatezza, in una parola di amore: penso per esempio alla scena in cui Roger è addormentato sul sofà e la donna lo copre con un plaid, e a contraltare, Roger che la copre e la cura quando fa fare una passeggiata alla donna ormai in sedia a rotelle. La storia è scandita dal lento dissolversi della salute dell’amah e dal capovolgimento dei ruoli, con Roger che svolge per la donna i compiti che la donna aveva svolto per lui: l’affetto e il rispetto sono evidenti nei comportamenti dell’uomo che alla fine appare più legato a lei che alla sua stessa madre che quando arriva, sembra solo desiderosa di controllare la sua vita con osservazioni continue. Film particolare, delicato e consigliatissimo.
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