Il ritorno dei Green Days
I Green Days, il gruppo pop punk Usa, soprannominato la -band californiana- o -la band di Berkeley- si costituì nel 1986 con la chitarra e voce Billie Joe Armstrong, il frontman (classe 1972), il basso e voce secondaria Mike Dirnt (1972) e la batteria Tré Cool (1972) con una carriera che ha superato ormai i 34 anni.
I Green Days escono a Febbraio 2021 (registrazione estate 2020) col loro nuovo album, il più corto della carriera per soli 27 minuti, come un graffito davvero veloce.
Si tratta di “Father of All Motherfuckers” (letteralmente -Padri di tutti i figli di puttana-) per l'etichetta Reprise Records, il tredicesimo in studio, a quattro anni dal precedente -Revolution Radio- del 2061: la prima cosa che colpisce è la cover ( che ricorda molto quella di American Idiot) decisamente forte in un contrasto di colori in cui prevalgono il nero e il rosso che vuole essere evidentemente sangue.
In primo piano c'è un braccio su cui spicca in nero, quasi un tatuaggio, il titolo “Father of all Motherfuckers”(abbreviato quasi sempre in -Fathers of all- che è anche il titolo della prima traccia), mentre la mano impugna qualcosa di sanguinante (in American Idiot era un cuore fatto a granata pronta ad esplodere, qui sembra già esploso); sulla destra in piccolo un specie di unicorno (definito la mascotte dell'album) dal cui naso esce un soffio arcobaleno.
La band californiana in questo nuovo album sembra voler intraprendere una nuova strada, o meglio ampliare quella vecchia, per esempio per l'uso del pianoforte e di una batteria più elettronica: ancora e sempre il punk, ma anche rock e indie.
Ecco la tracklist dell'album che contiene dieci tracce che per la durata limitatissima di ognuna (circa tre minuti) vengono definiti – 10 veri e urgenti proiettili che possono essere ascoltati per darsi un po' di carica tanto il ritmo risulta frenetico, pochi, addirittura pochissimi riferimenti di tipo politico, ma solo il riflesso della nostra caotica e tumultuosa società che non fa pensare molto, come insoddisfazione, droghe, ragazze e sfiga, qualcosa su Trump:
1-Father Of All...
2. Fire, Ready, Aim
3. Oh Yeah!
4. Meet Me On The Roof
5. I Was A Teenage Teenager
6. Stab You In The Heart
7. Sugar Youth
8. Junkies On A High
9. Take The Money And Crawl
10. Graffitia
L'album dovrebbe cominciare il nuovo decennio della band, ma non tutti tra pubblico e critici sono stati soddisfatti, innanzitutto la durata troppo breve, la più bassa finora, poi per la scelta che ritengono non felicissima delle canzoni e per lo stile misto e nuovo proposto e che qualcuno ha definito addirittura -tradimento-.
La migliore e più apprezzata sembra essere l'ultima, cioè Graffitia. Nella prima traccia invece dove il titolo completo esce contratto, o meglio tagliato per autocensura, si rimane colpiti dalla voce di Billie che non sembra neppure la sua in quanto ha tentato e bene il falsetto.
Comunque l'album è molto piacevole da ascoltare (nel complesso guardando le varie classifiche a voti online l'album ha preso un voto tra 7.5 e 8, voto più che dignitoso) anche se manca una traccia davvero trascinante rispetto alle altre, ma molte di esse sono davvero fresche e interessanti e nel complesso, l'ascolto è proprio godibile, per esempio come la stessa band ha suggerito -mentre si va al lavoro- e si vuole qualcosa di veloce, allegro e senza pensieri..
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