Il supplente
Una classe delle superiori al lavoro in perfetto silenzio, probabilmente un compito in classe, tutti con la testa sul banco verso il foglio senza un attimo di distrazione: in fondo all'aula, il professore che guarda il sole davanti alla finestra aperta, anche lui in silenzio. Poi avvicina lentamente una sedia, ci sale, si butta senza un minimo rumore, salvo il terribile colpo sul cemento sottostante. Gli allievi si alzano, ma sono ancora muti, quasi bloccati, si avvicinano alla finestra, guardano ed escono per vedere.
Ecco l'inizio scioccante anche per lo spettatore del film francese del regista Sèbastien Marnier che affronta temi delicatissimi, in primis i misteri dell'adolescenza e della serietà testarda con cui i ragazzi si pongono di fronte a certi problemi, il rapporto tra alunni e professori qui in una scuola d'èlite, un collegio privato, i temi devastanti dell'inquinamento della Terra e quindi del futuro che ci aspetta.
In particolare, la storia riguarda sei di questi alunni, chiusi nei confronti del supplente che a pelle sente che qualcosa di strano c'è, qualcosa che nessuno degli altri professori o del preside riescono o possono o vogliono vedere, tutti presi solamente dalla bravura della classe e dalla graduatoria nazionale dei voti che li vede sempre in testa.
Ma il supplente, pur alla sua prima esperienza, avverte a pelle che quello che ha di fronte non è normale e quando casualmente vede i sei che in bicicletta arrivano in un bosco lontano dal collegio e compiono strani riti come se si preparassero a resistere al dolore, sente che deve indagare, tra mille difficoltà.
Il film è terribile, intenso, fortemente psicologico, avvincente, drammatico e thriller nello stesso tempo ed è per me assolutamente consigliato. Ottima l'interpretazione sia di Laurent Lafitte, il supplente, ma anche quella dei ragazzi capaci di ricreare quell'espressione terribilmente seria che mi ha ricordato una identica vista sul volto di Greta Thunberg durante i suoi discorsi.
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