Molto avvincente
Qualche giorno fa ho concluso “Carrie” di cui abbiamo una splendida prima edizione di Sonzogno e mi è piaciuto moltissimo. L’ho divorato. Più che provare orrore, ho avvertito tanta tristezza e anche rabbia. E francamente non sono riuscita a condannare il gesto di Carrie, seppur orrendo. O meglio, diciamo che in un certo senso l’ho compresa. Anche se passa ben presto dal ruolo di vittima a quello di carnefice.
Carrie è una ragazza emarginata e bullizzata da sempre dai suoi compagni di scuola. Perché è diversa: è goffa, impacciata, ingenua, ignorante, si veste male, insomma, è considerata tra gli ultimi. Quelle persone che devono essere per forza di cose prese in giro, derise in maniera anche cattiva, a cui riservare gli scherzi più tristi e dolorosi. Incuranti dei loro sentimenti.
La situazione per Carrie però non migliora neanche a casa. Sua madre, infatti, è una donna bigotta e maniaca, che vede nella figlia e in ogni cosa la presenza del diavolo. Sin dalla più tenera infanzia la tratta malissimo. La rinchiude in uno sgabuzzino, la picchia, la rimprovera in maniera eccessiva, vede in lei un’emanazione, una figlia del maligno. E non le ha insegnato nulla, se non la preghiera e l’invito a non commettere peccati. Ma è talmente ossessiva, che ammetto di aver provato più paura a causa sua, che per i gesti poi compiuti da Carrie.
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