Il filo sottile tra amore e follia
Follia è la storia di un'ossessione amorosa.
Quel tipo di amore che ti imprigiona in una gabbia di disperato egoismo e ti lascia soffocare nel vortice di uno sfrenato desiderio.
Follia è la storia di Stella, donna bellissima e intelligente, moglie di uno psichiatra di successo e madre di Charlie, un bambino come tanti.
Seguendo il marito nei sobborghi di Londra per il suo nuovo incarico da vicedirettore presso un antico manicomio criminale in stile vittoriano, Stella, che vive giornate tediose e ripetitive, consapevole di essere una novella Bovary, nota la presenza di un uomo, Edgar Stark, che da subito le sconvolge i sensi.
Un ballo, un gesto d'intimità e giù, a capofitto nell'abisso.
Dalla semplice conoscenza in poco tempo l'uomo diverrà l'amante che la ricambierà ampiamente: complicità, passione, attrazione sfrenata, comprensione. Tutto quello di cui ha sempre sentito il bisogno ma che suo marito, a causa di un carattere incolore ed insapore, è stato incapace di darle. Ma cosa accade se una storia appena iniziata diventa da subito fin troppo importante?
Cosa accade se l'intensità del sentimento è tale da sconvolgere, oltre ai sensi, anche l'equilibrio emotivo?
Accade che tutto viene messo in gioco.
Il lettore seguirà la storia così come viene raccontata da Peter, psichiatra collega del marito e amico di famiglia. La visuale che ci prospetta è completamente asettica o, per meglio dire, ampiamente clinica.
Nessun eccesso emotivo, nessun giudizio morale, nessuna empatia. Distacco, professionalità e scrupolosità nell'annotare dettagli importanti che possano in qualche modo chiudere il cerchio.
Le parole e le azioni di Stella vengono elaborate, esaminate, previste, calcolate.
Follia è, quindi, una parabola discendente, una pazza corsa verso un precipizio. Il lettore resta avviluppato nelle vicende incapace di reagire, di giudicare e talvolta di comprendere. Può solo lasciarsi attraversare dai vari stadi del dramma.
Mi sono sentita troppo spesso incapace di prendere le parti di qualcuno. Tutto sembra giusto ma allo stesso tempo fortemente errato. La scrittura di McGrath è scorrevole, trasparente ed essenziale.
Notevoli le descrizioni degli esterni che si sposavano benissimo con gli stati d'animo della protagonista, e i luoghi dove la storia si consuma, tra Londra e il Galles, sotto cieli di metallo confortati dalla tipica indifferenza nordica.
Un romanzo introspettivo e psicologico.
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